di Claudia Tarantino

 

“I Centri diurni per la salute mentale sono in media 29,8 per Regione (sul campione intervistato) ma si va dai 3 del Molise ai 69 della Toscana, passando per i 21 di Puglia e Piemonte e i 28 dell’Emilia Romagna. Idem per i Centri per l’Alzheimer che vanno dall’1 del Molise ai 109 del Veneto con 4 in Campania, 8 in Puglia e 11 in Umbria. E il 40% delle Regioni intervistate è sprovvisto di Centri diurni per persone con autismo”.

Sono solo alcuni esempi riportati nel corso della presentazione del ‘Monitoraggio dei servizi sul territorio, fuori dall’ospedale dentro le mura domestiche’, realizzato da Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato, da cui emergono un’offerta di servizi disomogenea nel Paese e un’assistenza domiciliare non disponibile per tutti e a rischio sotto il profilo della qualità e della quantità.

Per non parlare, poi, della molteplicità di sigle e modelli utilizzati nelle diverse Regioni per definire le unità che si occupano delle cure territoriali: le Unità Complesse di Cure Primarie, ad esempio, in Emilia Romagna, Toscana e Piemonte si chiamano Case della Salute, in Veneto ci sono le Medicine di Gruppo Integrate, in Piemonte i Centri di Assistenza Primaria.

La rilevazione è stata condotta tramite questionari rivolti agli assessorati regionali (14 Regioni), Direzioni di aziende sanitarie (36 ASL), responsabili di distretto (82 Distretti), Responsabili di Unità complesse di  cure primarie (14), circa 1800 pazienti tra quelli in cure domiciliari e pazienti cronici che non necessitano di assistenza domiciliare.

Dalla ricerca è emerso che i cittadini apprezzano “la disponibilità e la professionalità degli operatori delle cure domiciliari”, pur lamentando in due casi su cinque “un’eccessiva rotazione nel personale inviato a casa”, mentre i tempi per l’attivazione dei servizi a domicilio sono considerati sempre troppo lunghi: uno su cinque “attende oltre dieci giorni; più di un mese di attesa per un quarto dei cittadini che necessitano di letti antidecubito, o di traverse e pannoloni; un cittadino su tre attende oltre un mese anche per la carrozzina, e uno su dieci per ottenere farmaci indispensabili”.

Le difformità, però, cominciano a monte, già nell’organizzazione delle funzioni per i servizi sanitari territoriali, nonostante l’84% dei distretti coinvolti nell’indagine riferisca “la presenza di una Centrale della continuità o di una struttura equivalente, posta sul territorio, per garantire il collegamento tra le strutture ospedaliere e i servizi territoriali”.

Altro aspetto critico riguarda l’offerta di servizi sul territorio, perché ciascuna Regione ha puntato solo su determinate strutture. Ad esempio, “gli Ospedali di Comunità sono una caratteristica della Toscana (41 strutture); il Lazio ha investito sulle Unità Riabilitative Territoriali (140 URT). Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) sono invece più numerose in Veneto (789), Piemonte (605) e Toscana (319)”.

Per il Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, Tonino Aceti, occorre “definire gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese: dal nord al sud, nelle grandi città come nei piccoli centri e nelle aree interne più disagiate. Abbiamo bisogno di poter contare non solo sull’ospedale, ma di trovare nel territorio un punto di riferimento affidabile e presente sempre”.

Appare più che mai urgente, quindi, che “Stato e Regioni lavorino al DM 70 dell’assistenza territoriale” passando “da enunciazioni e promesse ai fatti”.