di Claudia Tarantino

Nonostante fattori come la crisi globale, il terrorismo, i fenomeni migratori e l’affermazione di nuove forme di protezionismo, il turismo mondiale in generale, con oltre 1,2 miliardi di arrivi internazionali, e quello italiano in particolare risultano in costante crescita.
Questa la fotografia scattata dal ‘Rapporto sul Turismo 2017’ realizzato da UniCredit in collaborazione con il Touring Club Italiano, secondo cui il nostro Paese sta “raccogliendo i risultati della visibilità internazionale di Expo” e, per quanto possa sembrare strano, “siamo agevolati dalla situazione nel Mediterraneo” che penalizza la sponda Sud, quella cioè rappresentata da paesi che notoriamente hanno una elevata attrattività, come Egitto e Turchia.
L’Italia, dunque, è una delle mete più desiderate nell’immaginario collettivo di tanti stranieri e ciò, naturalmente, ha una ricaduta economica considerevole. Basti pensare che “nella classifica dell’Organizzazione Mondiale del Turismo siamo quinti per capacità attrattiva con 50,7 milioni di arrivi internazionali e i dati 2016 del World Travel and Tourism Council certificano che la nostra industria turistica vale 70,2 miliardi di euro (ovvero il 4,2% del Pil) che salgono a 172,8 miliardi di euro (il 10,3% del Pil), se si aggiunge anche tutto l’indotto”. Anche dal punto di vista occupazionale, le cifre sono elevate: sono circa 2,7 milioni, infatti, i lavoratori nel settore.
Fin qui, gli aspetti positivi. Ma andiamo ad analizzare, invece, cos’è che frena le potenzialità turistiche della nostra Penisola e fa sì che non venga ‘sfruttato’ appieno un settore che potrebbe essere un traino per la nostra economia, nonché un volano di sviluppo per lavoro e imprese.
Innanzitutto, come emerge dal Rapporto, “l’Italia soffre di un’eccessiva concentrazione dei viaggiatori in alcune aree specifiche e in particolari periodi dell’anno”. Le città d’arte del Centro-Nord, hanno la meglio sul Meridione, nonostante quest’ultimo possieda un’offerta più ampia rispetto ai principali ‘parametri’ valutati dai turisti, come aspetti climatici, paesaggio, patrimonio storico-artistico ed enogastronomico. Addirittura, il Meridione, tutto insieme, attrae appena 5 miliardi, sostanzialmente quanto fa da solo il Veneto, che “con oltre 63 milioni, è la regione più turistica d’Italia, con dati tre volte superiori a quelli della Campania (19 milioni) e ben quattro volte a quelli della Sicilia (15)”.
Per quanto riguarda le città, Roma ha un ruolo dominante rispetto alle altre destinazioni urbane, seguita da Milano che si conferma da anni in crescita e che ha ricevuto grazie a Expo una spinta importante, e la costa adriatica veneta e romagnola. Entra per la prima volta nella top 10 la città di Torino.
Una menzione a parte merita Venezia dove, a causa dell’ Overtourism, il turismo si è trasformato in una minaccia per la sostenibilità ambientale e sociale.
Altro tema, che interessa principalmente molte aree del Sud, è quello della stagionalità: la metà delle presenze totali si registra nel trimestre estivo (giugno-agosto). Per non parlare del tema dell’accessibilità, attraverso infrastrutture e trasporti, che è un requisito fondamentale per competere sul mercato.
Secondo i promotori della ricerca “le previsioni restano positive anche per i prossimi anni, con prospettive di espansione nel medio termine”. Ma, per cogliere appieno i vantaggi di questo trend il nostro Paese non può farsi trovare impreparato e rafforzare il proprio impegno per supportare l’industria turistica. Occorre, cioè valorizzare “i nostri attrattori, tradizionali e nuovi” affinchè il settore possa offrire uno sbocco occupazionale sicuro per i tanti giovani che hanno ‘fame di lavoro’ e non trovano possibilità di occupazione in altri settori ormai saturi o ancora in piena crisi.
Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha dichiarato il 2017 Anno dei Borghi, con l’obiettivo di “valorizzare una parte ancora sconosciuta, ricca di storia e tradizioni capace di restituire al turista un’esperienza autentica”. L’iniziativa è lodevole, ma per “promuovere mille piccole realtà nazionali, dall’entroterra alla costa” occorre molto altro.