di Caterina Mangia

Come a scuola, il tema dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile alle aspettative di vita è perlomeno “rimandato a settembre”.
A margine di un convegno presso la rappresentanza in Italia della Commissione europea, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha infatti fatto sapere che “ne parleremo quando avremo le informazioni dall’Istat che ci dirà qual è la situazione, quindi dopo l’estate”. Una decisione che non tiene conto della fretta con cui dovrà essere affrontato l’argomento, dato che l’adeguamento dovrebbe essere messo a punto a dicembre.
Intanto, ieri fonti vicine al dossier hanno lasciato trapelare che il blocco dell’aumento automatico costerebbe 1,2 miliardi alle casse dello Stato. Una cifra che “scompare” se paragonata ai costi dei salvataggi delle banche e ai risparmi ottenuti con le riforme previdenziali messe in campo nell’ultimo decennio. E che servirebbe, comunque, a bloccare un automatismo che sul medio termine incide pesantemente sulla vita dei cittadini, avendo sul lungo raggio l’effetto paradossale di mandare in pensione le persone in tempi e in età inconcepibili, in un Paese già da primato per quanto riguarda la “durezza” delle norme previdenziali.
Lo ha detto in modo chiaro Cesare Damiano, Presidente della Commssione Lavoro della Camera (Pd), che insieme al suo omologo al Senato, Maurizio Sacconi (Epi), ha dato il via al dibattito sul tema: “se anche si trattasse di 1,2 miliardi di euro, sarebbero risorse ben spese, soprattutto a vantaggio dei giovani e delle donne”, è quanto si legge in una nota emanata oggi, in cui Damiano mette in dubbio anche l’entità della cifra: “fonti (governative?) non meglio precisate ‘vicine al dossier’, avrebbero stimato in 1,2 miliardi di euro il costo di una normativa di legge che eviti di far salire l’età pensionabile di pari passo con l’innalzamento dell’aspettativa di vita, come proposto dal sottoscritto insieme a Sacconi. Quando si parla di previdenza siamo abituati a sentire stime di ogni genere, il più delle volte infondate”.
“Per valutare un costo – prosegue Damiano – bisogna, in primo luogo, conoscere una proposta. Quello che abbiamo suggerito con il collega Sacconi, non è la cancellazione della norma, ma un suo robusto rallentamento”.
Sul tema è intervenuto oggi anche Sacconi: “Fermo restando il vincolo della sostenibilità finanziaria – ha scritto sul blog dell’Associazione amici di Marco Biagi -, si tratta di ipotizzare nell’immediato un rallentamento dell’aumento dell’età di pensione e nella prossima legislatura una correzione del sistema affinché, grazie allo sviluppo dei due pilastri, diventi piu’ flessibile tanto in termini di contribuzioni quanto di prestazioni”.