di Annarita D’Agostino

Dopo dieci anni il settore delle comunicazioni in Italia torna a crescere e tocca quota 53,6 miliardi, con un +1,5% rispetto al 2015: è il dato che emerge dalla relazione annuale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presentata oggi alla Camera dei Deputati. Sono le Tlc a farla da padrone, con il 59% dell’intero settore (circa 31,9 miliardi), seguite dai media (televisione, radio, editoria e Internet), che incidono per il 28%, pari a circa 14,7 miliardi. Fanalino di coda i servizi postali (13%, 7 miliardi). L’intero comparto rappresenta il 3,2% del Pil nazionale.

Più Tlc e banda ultralarga, ma resta forte il digital divide

La spesa di famiglie e imprese in servizi Tlc cresce ed è la seconda voce dopo quella per la casa. Per la prima volta, i servizi dati superano quelli voce. Tuttavia, il gap digitale che separa il nostro Paese dal resto dell’Europa continua ad essere consistente: l’Italia si colloca ancora al penultimo posto della classifica Ue sull’ utilizzo di Internet nonostante la percentuale della popolazione che usa il web sia cresciuta di 3 punti percentuali nel 2016, arrivando al 60%. Sfondano i consumi di contenuti audio, video, giochi online, mentre restano sotto la media gli acquisti, i  servizi bancari e i video on demand. Siamo in linea con gli altri paesi per l’uso dei social network.
A pesare sul gap anche la copertura nazionale con reti a banda ultralarga, nonostante il grande salto in avanti del 2016, dal 41% al 72% delle unità abitative. Restiamo infatti al 25mo posto della classifica europea e “ben al di sotto del valore medio di utilizzazione” che dell’Ue è del 37% mentre in Italia si ferma ad appena il 12%. Allo sviluppo delle reti, come evidenzia il presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani, “non sempre corrisponde una maggiore penetrazione (come nel caso del Sud e della Sicilia), a dimostrazione di altre difficoltà nella diffusione dei servizi, tra cui (ma non solo) la capacità di spesa. La situazione di realizzazione si presenta più grave nelle aree rurali”. “Sostanziali” anche le differenze generazionali, accentuate dall’uso degli smartphone fra i più giovani, paladini della rete.
Per quanto riguarda i ricavi pubblicitari, Google e Facebook insieme “detengono ben oltre il 50% dei ricavi netti da pubblicità online”.

Il dilemma delle fake news

La crescita del web ha generato un fenomeno “di estrema gravità”: la “diffusione voluminosa, istantanea e incontrollata di notizie deliberatamente falsificate o manipolate”, le cosiddette fake news, contro le quali serve “un intervento normativo” invece dell’autoregolamentazione dei colossi web, che promettono “di sviluppare algoritmi per rimuovere le informazioni false e virali”, ma sono anche “i principali ‘utilizzatori’ gratuiti dell’informazione”.

Media tradizionali in crisi, tiene solo la Televisione

Nella contrazione generale dell’area, se la Televisione mostra i più evidenti segni di ripresa, la stampa continua ad essere in declino strutturale, con un calo dei ricavi dell’editoria che tocca quota -6,6%.  Concentrazione elevata nella tv in chiaro, con “oltre l’80% dei ricavi” spartiti fra Rai e Mediaset, e “tipicamente molto elevato” nella pay, con il gruppo Fox/Sky Italia al 77%; giornalisti sempre più precari, più ‘maschilisti’ e più vecchi; poca chiarezza sulle attività che Rai finanzia con il canone: sono queste le principali criticità riscontrate dall’Autorità nel comparto.

In arrivo il Libro bianco su media e minori

Per l’Agcom è prioritaria “una tutela efficace nei confronti dei soggetti più deboli nella catena della comunicazione” e soprattutto i minori e i più giovani. “Se nel corso degli anni passati la televisione lineare era il mezzo di comunicazione di massa principale da regolamentare, vigilare e se del caso sanzionare, oggi – sottolinea Cardani – gli strumenti si sono moltiplicati frammentando il tradizionale concetto di palinsesto in milioni di cataloghi e siti da poter esplorare. In tale contesto, l’Autorità presenterà il nuovo libro bianco sul rapporto tra media e minori quale vademecum non solo per i broadcaster, ma anche e soprattutto per i genitori: sono proprio loro chiamati ad uno sforzo supplementare di comprensione dei loro figli, esposti come mai nella storia ad una infinità di informazioni, dati e stimoli della rete”.